Luoghi di Interesse

Basilica di S. Maria Assunta

La cima della collina è occupata dalla basilica che, ideata dall’Alessi, venne istituita, per testamento di Bendinello Sauli, il 16 ottobre 1481.

L’origine della sua costruzione è avvolto nella leggenda:

“Un dì festivo dell’anno 1478 … suonava a messa la campana di Santa Maria Inviolata, Catterina Sauli non potendo tosto intervenirvi come soleva, mandava pregando ritardassero alcuni istanti; i Fieschi, padroni del tempio, rispondevano orgogliosi: che no, se i Sauli volessero messe a talento si barricassero chiesa. La mala risposta cuoceva al Bendinelli, di sorte che allora prometteva alla moglie avrebbe costrutto così tanto tempio, che mai il maggiore. Intanto per non più rimaner soggetto a quei guelfi insolenti, innalzava una cappelletta vicino al proprio palazzo, e vi facea celebrar messa. Passarono tre anni, e il Bendinelli Sauli, dopo vita onorata ed illustre, moriva opulentissimo il 1481. Con suo testamento … commetteva agli eredi si spendessero due milioni di lire per la fabbrica di una chiesa di estrema bellezza: avesse dodici altari, vi presiedesse un Rettore con dodici preti; a tale effetto instituiva una colonna di 150 luoghi in San Giorgio. … il 1552 venuto a Genova Galeazzo Alessi, celebre architetto Perugino, scolare di Michelangiolo, dava questi il disegno della novella chiesa sul modello del Sancta Sanctorum di San Pietro di Roma, e il 10 marzo di quell’anno le si poneva cominciamento.”

(Cosmorama pittorico numero 13 anno terzo 1837).

Si creò quindi, presso il banco di San Giorgio, un deposito a moltiplico per la costruzione di una chiesa, dedicata a Maria ed ai santi Fabiano e Sebastiano, e di due ospedali.

Nel 1543 gli eredi affidarono il compito di progettare la nuova chiesa all’architetto perugino Galeazzo Alessi che si trasferì a Genova nel 1548 e venne definitivamente ingaggiato da Girolamo e Bartolomeo Sauli il 7 settembre 1549 con un salario annuo di 170 scudi; l’Alessi rimase al servizio della famiglia per sedici anni. La prima pietra fu posta il 10 marzo 1552. Nel 1555 i maestri muratori Giacomo Ponzello e Stefano Gandolfo s’interessarono per la provvista di pietra del Finale necessaria al rivestimento dei basamenti; nel 1565 mancava solo la cupola centrale per cui il Perugino firmò un contratto triennale che lo portò ad assistere ai lavori ininterrottamente. Vi si celebrò la prima messa nel 1588, ma l’edificio fu ufficialmente terminato nel 1602 anche se -a dire il vero – vi si officiava già dal 1564. Per quanto poi aperta al pubblico non fu mai del tutto finita, benché Galeazzo Alessi fosse già stato pagato per intero, un errore raro per la nobiltà genovese sempre attentissima a spendere bene i propri soldi. La parte esterna fu terminata nel 1890 con l’esecuzione del piano regolatore della regione e da allora la stanno restaurando. Come simbolo di lentezza si usa ormai dire “Ëse comme a fabbrica de Caignan”, “A pä a fabbrica de Caignan”. Il motivo pare che fosse dovuto al fatto che una volta terminati i lavori il capitale sarebbe dovuto passare nelle mani della Repubblica ed è per questo che, vuole la leggenda, ancora adesso c’è sempre un operaio che vi lavora.

Un’altra curiosa leggenda narra che parte del materiale da costruzione, necessario per la copertura, provenisse da quanto era possibile recuperare dall’abbattimento delle “case chiuse” di Monte Albano.

La struttura originaria venne modificata ad inizio Settecento rimodellando il portale d’ingresso e nella seconda metà dell’Ottocento creando le attuali scalinate che permettono l’accesso ai tre portoni della chiesa. Una scalinata scenografica, tanto che proprio qui, di fronte al prospetto principale, trasformata in palcoscenico, fu rappresentato, nel 1952, il “Saul” di Vittorio Alfieri.

Per dare degno accesso alla chiesa Stefano Sauli lasciò precise disposizioni testamentarie che furono messe in pratica dal nipote Domenico che, tra il 1718 e il 1724, affidò la costruzione del ponte, il quale unisce i due colli di Sarzano e di Carignano e passa sopra le teste degli abitanti della valle sottostante, a Gherardo De Langlad, capitano militare della Repubblica di Genova. Si vede bene il ponte che scende verso Sant’Agostino durante la passeggiata sulle mura del Barbarossa nel precedente itinerario (pagina 81). Nel 1683 la chiesa fu elevata da Gregorio XIII a collegiata e nel 1742 a parrocchia da Benedetto XIV. I bombardamenti del 1942 non arrecarono gravi danni e fu infine donata alla Diocesi, nel 1989, dalla Marchesa Cattaneo Adorno.

Molto nota era la ricorrenza dell’Assunta, la “Festa Grande” la cui spettacolarità affascinò Stendhal, che ebbe parole di grande elogio per la basilica. “La chiesa di Carignano, che è un capolavoro di gravità e di nobiltà in confronto a Nôtre-dame de Lorette (in rue Lafitte a Parigi), è, da quanto mi è sembrato, a croce greca con una cupola alta in mezzo. Per l’Italia non è una gran bella chiesa, ma è costruita in una posizione stupenda: un monticello che interrompe la curva dell’anfiteatro di Genova verso il mare.

La si vede, così da tutti i lati e da quasi ogni punto della città, cosa essenziale, visto il favore che godono le chiese in questo paese. I marinai durante la tempesta la vedono da lontano, sul mare, e possono rivolgersi alla Madonna facendo voti”.

La chiesa è a croce greca, cioè formata da due braccia di lunghezza uguali, dominata da una cupola centrale romana sorretta da quattro piloni e percorsa da lesene in travertino, da volte a botte con quattro vani angolari coperti con cupole minori. Questo modello, che non ha alcun precedente storico nella tradizione locale genovese, fa riferimento all’edificio a pianta centrale bramantesco sullo stile di San Pietro e della chiesa romana dei Santi Celso e Giuliano.

La distribuzione degli spazi interni in quattro zone perfettamente identiche che ruotano attorno alla cupola centrale si ripropone anche all’esterno dove abbiamo addirittura quattro facciate simili. La mancanza di una facciata principale è evidenziata dal fatto che l’Alessi le progettò dominate dalla cupola centrale e delimitate ognuna da due campanili, sebbene siano stati realizzati solo i due campanili verso il prospetto centrale.

I corridoi, che proseguono la balaustra collocata alla base del tamburo, furono ideati dall’Alessi come vero e proprio belvedere.

Lo stesso vi volle una decorazione architettonica molto sobria: i cesti d’acanto dei capitelli sono tutti uguali (all’interno come all’esterno) e sottolineano l’unitarietà compositiva dell’edificio. I cassettoni movimentano le volte mentre l’intrecciarsi delle linee nell’abside evidenzia i giochi ottici compiuti mediante l’uso di strutture geometriche.

Alla morte dell’Alessi rimanevano da completare la cupola e l’arredo di altari e cappelle: la decorazione fu completata nel tempo con opere in parte acquistate ed in parte commissionate.

Visita

Interno bianco (privo d’affreschi). La parete destra ha una lapide che ricorda il solenne pontificale tenuto nel 1815 da Pio VII che era giunto a Genova dopo l’invasione degli Stati Pontifici da parte di Gioacchino Murat. Dotata di due organi, uno dei quali a tre tastiere, è opera del gesuita fiammingo Guglielmo Hermans (XVII secolo). Questo ha una cassa di stile prettamente nordico con intagli del Santacroce e portelle curvilinee, dipinte da Paolo Brozzi e Domenico Piola, che seguono l’andamento delle canne di prospetto disposte in sette arcate.

Fonte: Sei itinerari in Portoria – A. Preste – A. Torti – R. Viazzi
www.removiazzi.it